Parlamento europeo Bruxelles Settembre 2015
Bruxelles 29 settembre 2015Ecco il testo dell’intervento che ho tenuto ieri nel corso dei lavori della Commissione Giustizia del gruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento EuropeoNel maggio del 2014 i presidenti delle più prestigiose associazioni internazionali degli avvocati quali la FBE (Federazione Europea degli Avvocati), la CCBE (Conseil des Barreaux de la Communauté Européenne), e l’UIBA (Unione degli Avvocati Iberoamericani) nonchè dei Consigli degli Ordini di Barcellona, Madrid, Bilbao, Napoli, Roma, Vienna, Francoforte, Triveneto, Marsiglia, Berlino, Istanbul, della Tunisia e dell’Algeria hanno sottoscritto un documento, che è stato chiamato “Manifesto di Napoli dell’Avvocatura” .
In questo Manifesto, redatto in italiano, francese, spagnolo ed in inglese, viene espressa una forte preoccupazione per alcuni fenomeni del nostro tempo che, nell’ordine economico, politico e sociale, stanno contribuendo al deterioramento del diritto di difesa e di quei principi che sono la base sulla quale è stata costruita la libertà e l’indipendenza della nostra professione.Gli Avvocati, nel documento, ribadiscono che, per garantire la dignità umana e i diritti fondamentali, è essenziale che il diritto di difesa sia esercitato da un’Avvocatura libera, indipendente ed autonoma, a livello individuale e collettivo, e sono preoccupati per gli attacchi all’effettiva tutela giudiziale che i governi stanno compiendo con provvedimenti, che assoggettano lo Stato di diritto e il valor supremo della Giustizia alle urgenze dell’economia e della sicurezza,Non si tratta di generici timori dettati da spinte corporative, ma nel documento viene chiaramente evidenziato come negli ultimi anni i governi europei abbiano adottato provvedimenti legislativi volti ad : – ostacolare l’accesso dei cittadini alla giustizia, con la riduzione dei fondi per il patrocinio dei meno abbienti, l’aumento indiscriminato dei costi, il taglio delle sedi dei Tribunali e la riduzione delle garanzie processuali; – violare il segreto professionale anche a livello elettronico; – svalutare la necessità della difesa tecnica esercitata dagli Avvocati; – limitare la libertà degli Avvocati e controllare e indebolire le loro organizzazioni.Gli Avvocati, nel manifestare la loro preoccupazione e inquietudine per la svalutazione del diritto di difesa, infine, invitano i governi e le istituzioni internazionali a emanare norme e provvedimenti volti a garantire l’effettiva tutela dei diritti, favorendo l’accesso di tutti alla Giustizia e garantendo agli Avvocati il libero esercizio della loro professione.Il Manifesto di Napoli è , quindi, un preoccupato grido di allarme che proviene da tutta l’avvocatura non solo europea, che nasce dalla drammatica costatazione che negli ultimi decenni i governi europei, di qualsiasi orientamento politico fossero, hanno adottato politiche volte a mettere in discussione il fondamentale ruolo di tutela dei diritti dei cittadini, esercitato dall’avvocato e la sua insopprimibile funzione di difesa processuale, con disastrosi provvedimenti di riforma della giustizia, che si basano tutti sul falso presupposto che le inefficienze nel campo della Giustizia sono da addebitare agli avvocati.Mai come in questi ultimi anni la dimensione dei diritti è stata costantemente assediata dai tentativi di restaurazione volti a cancellare quei progressi civili ottenuti grazie alle lotte sociali, che attraversarono l’Europa alla fine del secolo scorso. Un ritorno sui vecchi binari dell’avere che vuole riportare indietro le lancette della storia e sconfiggere quella cultura dell’essere, tipica del costituzionalismo contemporaneo, per la quale lo sviluppo della persona si realizza solo grazie alla solidarietà economica politica e sociale.Tutto questo è stato reso possibile dal prevalere in Europa di un concezione economicistica della vita, che ha finito con il ridurre tutto a merce, ed è così che anche il diritto viene considerato un prodotto e le persone vengono da tempo indotte ad accettare l’idea che ogni bene della vita, dalla salute all’istruzione dalla cultura alla giustizia, è merce e come tale deve essere sottoposta alle leggi del mercato e del profitto. Gli Stati europei, che avevano come pilastri fondanti la difesa, la scuola, la sanità e la giustizia hanno tutti adottato politiche che hanno finito per svilire la loro funzione storica. La giustizia , la scuola, la sanità, la difesa dei cittadini sono visti oggi solo come dei costi da tagliare, nonostante siano evidenti i costi sociali di queste politiche in termini di esclusione di sempre maggiori strati della popolazione dalla tutela della propria salute, di esclusione dai processi di conoscenza, di negazione di diritti. Oggi al di là dei migranti ci sono larghe fasce della popolazione che sono straniere in patria, escluse dalle tutele che uno stato democratico deve garantire.Con il prevalere di una concezione “individualista” dei diritti, cioè di un’idea che la nozione dei diritti naturali possa essere considerata indipendente dalle relazioni che legano tra loro gli individui che vivono in società, si è consentito così ai grossi potentati economici di licenziare migliaia di persone, di inquinare, di dettare ai governi politiche economiche che hanno favorito il sorgere di condizioni di estrema povertà di intere popolazioni e l’insorgere di gravi diseguaglianze.Sappiamo tutti che con l’arrivo della globalizzazione c’è stata una modifica radicale del quadro sociale ed ora che con la globalizzazione i governi non sono più in grado di garantire un adeguato livello sociale a tutti sempre più forte e pressante si manifesta l’esigenza di una tutela sostanziale dei diritti. Le democrazie occidentali sono entrate in crisi e con esse il vecchio modello di “Stato sociale” che sanciva la netta separazione tra sfera economica, legata alle ferree leggi del mercato, e sfera sociale, che su basi etiche, cercava di mitigare gli effetti indesiderati. Il risultato finale di questo modello dicotomico di ordine sociale stato-mercato è stata la creazione di un sistema che alimenta la “cultura dello scarto” perché al centro del sistema non c’è più l’uomo ma il denaro che è diventa motore e ragione di tutte le cose.Si scarta chi non serve i bambini e i vecchi e sono milioni i giovani al di sotto dei 25 anni che nei paesi più industrializzati non hanno lavoro. Un sistema che sta perdendo il legame con il futuro e il passato e che in nome del profitto, sempre più a vantaggio di pochi, giustifica le violazioni dei diritti.In questo quadro di crisi, nel quale i governi europei hanno adottato politiche liberiste di smantellamento dello Stato sociale, che hanno impoverito intere categorie di cittadini, la difesa dei diritti viene sempre più vista come un costo insostenibile, un impiccio per l’economia e gli avvocati come un ostacolo allo sviluppo economico.Una lotta che è diventata sempre più impari perché se è vero che la finanza si muove a livello globale, senza limiti di confini, la tutela dei diritti fino ad oggi si è mossa entro gli angusti confini nazionali. E il Manifesto di Napoli ha proprio questa funzione, quella di estendere a livello internazionale la lotta che gli avvocati stanno conducendo con coraggio nei singoli Stati.Oggi è forte il pericolo che i diritti vengano ridotti a semplici titoli da scambiare sul mercato, in una visione economicistica che li mortifica e che assegna al mercato anche la funzione di dettare le condizioni per il loro riconoscimento. E se è vero che, in un mondo globalizzato nel quale c’è una prevalenza assoluta della dimensione economica e i diritti vengono considerati come un ostacolo allo sviluppo e al progresso, non può non aprirsi un forte conflitto tra la dimensione giuridica e la dimensione economica. Sappiamo che questa concezione dei diritti, intesa come beni economici, in tempo di crisi, determina, come logica conseguenza, il loro essere considerati come beni di lusso, un qualcosa, cioè, che non ci si può permettere di chiedere in tempo di crisi economica e conseguentemente gli avvocati vengono sempre di più considerati nemici del progresso, retaggi di un passato ormai superato. Va, al contrario, ribadito che la tutela dei diritti non è un accidente del passato ma riguarda il futuro dei cittadini, sempre più esposti agli abusi di un potere sovranazionale; che i diritti non sono merce, e conseguentemente non possono essere valutati sulla base di categorie economiche; che, i diritti vanno difesi in quanto tali e che la globalizzazione non può travolgere la vita e i sogni delle persone. Ma per fare ciò è necessaria una rivoluzione culturale che ripristini la relazione tra economia ed etica e riequilibri i rapporti di forza tra potere economico e potere politico.La politica deve ritornare ad essere il regno dei fini e la giustizia ha senso se finalizzata al bene delle persone.Oggi in Europa c’è un modello di società che non è più sostenibile e non possiamo aspettare che questo sistema risolva i problemi della povertà perché di certo i mercati e la speculazione non hanno alcun interesse a risolvere questi problemi.Tantomeno possiamo tollerare che questo sistema, nel sacro nome del mercato e della sicurezza, cancelli progressivamente i nostri diritti fondamentali, quei diritti che i nostri padri ci avevano donato a prezzo di lotte e guerre sanguinose, perché da sempre la democrazia si regge fino a quando le diseguaglianze sono tollerabili.Ed è per questo che gli avvocati con il “Manifesto di Napoli” dicono basta agli incessanti attacchi alla loro indipendenza ed autonomia espressione di un potere sempre più dispotico. Basta a chi ha ridotto i cittadini al rango di semplici consumatori, un termine che in Europa ha subito un processo di beatificazione, educati a svendere i loro diritti pur di ottenere qualche piccolo beneficio economico Basta a quei poteri economici che coltivano il sogno di un’avvocatura sottomessa, incapace di ribellarsi agli abusi del potere e inadatta a tutelare i diritti dei cittadini. Un sogno autoritario, tipico dei regimi antidemocratici che si nasconde dietro a velleitari progetti di riforma della giustizia che, invece di aggredire i punti fondamentali che ne determinano la crisi, cerca di sostituire la figura degli avvocati, con nuove figure professionali nuovi punti di riferimento per una gestione più «addomesticata» della giustizia. Basta a chi vuole inserire le società di capitali negli studi professionali per limitare la loro indipendenza autonomia ed imparzialità. Basta a chi vuole proletarizzare l’avvocatura e metterla al servizio di pochi grandi studi professionali.Va invece condotta una lotta di civiltà volta a conservare la vera essenza dell’essere avvocato, cioè un intellettuale erede di quella cultura umanistica, che gli consente di avere una visione unitaria dell’uomo e lo sottrae ad una esasperata concezione settoriale e specialistica, che lo trasformerebbe in un semplice prestatore di serviziMa è anche il momento di smascherare le tante bugie e ribadire alcune verità. A) Sbaglia chi ritiene superfluo se non addirittura dannoso il ruolo degli avvocati e vede nella magistratura l’unico presidio a difesa della legalità. L’avvocatura ha rilievo costituzionale e partecipa, con la magistratura, alla realizzazione della giustizia e il giudice non è signore e arbitro unico della legge ma esercita le sue funzioni con l’insostituibile apporto dell’avvocato, che lo aiuta a decidere prospettandogli le ragioni del proprio cliente. I mali della giustizia sono frutto di una dissennata disorganizzazione della sua macchina e di una concezione liberista dello Stato che vede la giustizia solo come un costo da tagliare. Non è vero che il numero esorbitante delle cause dipende dall’eccessivo numero di avvocati. Le cause non diminuiscono perché c’è una continua produzione di leggi inutili, confuse e troppo spesso scritte male, anche perché i politici cercano di riversare nelle aule dei tribunali i conflitti sociali che non intendono risolvere. C) I costi della giustizia sono diventati insopportabili. Nessuno Stato veramente democratico può pensare di risolvere i problemi della giustizia frapponendo ostacoli economici per il suo accesso. D) va favorito il gratuito patrocinio, per consentire ai meno abbienti di difendere i propri diritti, perché i diritti in quanto tali vanno sempre difesi.Oggi in Europa si cerca di modellare l’Avvocatura ad uso e piacimento delle banche e dei potentati economici, con la creazione di grandi studi professionali, partecipati da soci di capitale che limitano l’indipendenza e autonomia degli avvocati, per rispondere alle esigenze delle grandi imprese e nello stesso tempo si adottano politiche volte ad emarginare i giovani avvocati e gli studi professionali che quotidianamente forniscono la loro opera professionale al servizio dei cittadini.Paradossalmente questo tentativo di svilire il ruolo dell’avvocatura, operato dai potenti gruppi finanziari e di quanti hanno una strana concezione della democrazia , ha suscitato, al contrario, una salutare quanto inaspettata reazione da parte di quegli avvocati che non si rassegnano e cercano di difendere i diritti dei più deboli .Gli avvocati firmatari del Manifesto hanno deciso di aprire un dialogo diretto con le forze politiche e i cittadini e chiedere loro se in un Europa con un avvocatura sottomessa e debole si sentono più garantiti di fronte ai soprusi del potere.Siamo qui per discutere, della fondamentale importanza del ruolo sociale dell’avvocatura nella società moderna, per ragionare sulle strategie da adottare nell’interesse dei cittadini e della democrazia, per ribadire il principio che la difesa dei diritti è un patrimonio della civiltà e non dell’impresa commerciale, per combattere contro coloro che, dopo aver fatto scempio di quei diritti che i nostri padri ci avevano donato e che avevamo tutti il dovere di custodire., vedono ora nella tutela dei diritti solo un nuovo “mercato” sul quale lanciarsi, per fare nuovi affari.L’augurio è che dopo questo incontro inizi un percorso di confronto tra la Parlamento Europeo Commissione Giustizia e gli avvocati per evitare che anche questa volta l’Avvocatura venga lasciata da sola a lottare contro questa deriva incivile per la quale la tutela dei diritti è possibile solo se è economicamente sostenibile e per far sì che non venga più vissuta dallo Stato come un fastidio e dai cittadini come una chimera.Avv. Alessandro SenatorePromotore del Manifesto di Napoli dell’Avvocatura