L’algoritmo che regola la nostra vita (e spesso la libertà)
Corriere del Mezzogiorno, 6/03/2017
Quanti di noi sanno che la nostra vita è ormai pesantemente condizionata dagli algoritmi? Quando utilizziamo il nostro bancomat o navighiamo su internet, lasciamo una miriade di tracce digitali che consentono alle società informatiche di tracciare un profilo preciso della nostra persona.Ognuno di noi ormai è“profilato”sulla base di modelli matematici complessi,che,analizzando i nostri dati e le nostre email,sono capaci di fare analisi predittive,in grado di prevenire i nostri comportamenti.A nostra insaputa siamo inseriti in categorie volte a creare gruppi omogenei di consumatori. L’obiettivo è quello di omologare i gusti, influenzare le persone per vendere così più facilmente i prodotti.Ma oltre a influenzare pesantemente il nostro pensiero e modo di vivere, gli algoritmi vengono usati dalle aziende per decidere,ad esempio,se assumere un lavoratore, determinare l’affidabilità di chi chiede un prestito,stabilire il grado di pericolosità di un criminale, valutare la capacità di un lavoratore.Gli esseri umani decidono sempre di meno costretti ad ubbidire ai risultati di modelli matematici che lungi dall’essere neutrali possono contribuire ad aumentare le discriminazioni e i pregiudizi.Gli algoritmi, non sono pura matematica, ma, idee che sono tradotte in linguaggio matematico e se sono scritti su premesse sbagliate, incomplete, falliscono, così come portano a risultati preoccupanti quando incorporano obiettivi e ideologie pericolose,che non vengono mai rese esplicite.Vi ricordate il caso di quelle scuole dell’Inghilterra sui cui moduli d’iscrizione gli studenti dovevano indicare se parlavano italiano-italiano, italiano-napoletano,o italiano-siciliano? Se domani, a un ragazzo di Napoli, venisse negata l’iscrizione in quelle scuole, chi gli garantirà che quel rifiuto non è dovuto ad un algoritmo contenente informazioni etno-linguistiche sbagliate? E quali garanzie avremo un domani di fronte a un prestito negato sulla base di un algoritmo utilizzato da una banca, basato su premesse discriminatorie verso i meridionali, le donne, le minoranze etniche o gli oppositori al governo? Sono ancora pochi quelli che hanno compreso l’enorme influenza che gli algoritmi hanno sulla nostra vita, che condizionano pesantemente le nostre esistenza e creano ostacoli alla vita di milioni di persone, senza offrire alcuna possibilità di appello.E’quindi necessario far crescere nell’opinione pubblica una discussione volta a comprendere quali sono i criteri di elaborazione utilizzati dalle società che scrivono gli algoritmi e spingere i governi a regolamentare e far certificare, da autorità garanti, i loro metodi Conoscenza è potere, e quindi è necessario adottare provvedimenti per superare lo squilibrio che avvantaggia chi ha una gran mole di informazioni riservate, il cui utilizzo influenza l’economia e le politiche di intere popolazioni.Ci sono troppi colpevoli silenzi su questo argomento e un’incosciente inconsapevolezza nei cittadini dei pericoli che stiamo correndo, che va superata prima che sia troppo tardi.
Alessandro Senatore
Avvocato Cassazionista