La meglio gioventù fugge da Napoli

È PROPRIO VERO,LA MEGLIO GIOVENTÙ FUGGE DA NAPOLI
Torno sempre volentieri nell’aula magna del liceo Gian Battista Vico, la scuola nella quale mi sono
formato e dove ho imparato ad amare la cultura umanistica. L’ultima occasione mi è stata offerta dalla
preside — il termine dirigente scolastico mi sa troppo di azienda — Clotilde Paisio, che ha chiesto
all’Associazione ex studenti del Liceo Vico di incontrare le ragazze e i ragazzi che frequentano le ultime
classi. Un’idea che, come associazione, abbiamo accolto con piacere perché da sempre siamo convinti
che il dialogo intergenerazionale serve a tutti; ai giovani per non sentirsi soli e avere più fiducia e a noi
«vecchi» per leggere il mondo con occhi nuovi. Per chi, come me, ricordava lo svolgersi, in quell’aula
magna, di assemblee burrascose, attraversate da una profonda voglia di contestare il sistema, è stata
una sorpresa osservare il clima di rassegnazione vissuto dagli studenti, incapaci di pensare ai problemi
che li assillano in termini di gruppo, perché ormai educati a ragionare con l’«io» e non con il «noi».
Alla domanda su chi di loro vuole fare l’avvocato, il medico o altro, solo una decina di ragazzi, su
duecento, hanno dato una risposta. Situazione solo in apparenza sorprendente per dei liceali, che in
realtà dà l’esatta dimensione dell’incertezza nella quale vivono i nostri figli. Terminata l’assemblea,
alcuni studenti mi hanno confessato il proprio smarrimento e la propria voglia di lasciare non solo.
Napoli ma addirittura il nostro Paese, un’idea che ormai affascina la nostra «meglio gioventù». Una
generazione che conosce le lingue, che gira il mondo e ha imparato ad amare l’Europa anche grazie al
Progetto Erasmus; che ha capito che ormai l’Italia, un Paese vecchio e per vecchi, sta affogando in un
mare di mediocrità ed è condannata alla definitiva decadenza dalla corruzione e dal provincialismo. Ed è
così le nostre ragazze e ragazzi, che si sono formati con un dispendio di risorse economiche, se ne vanno
via per cercare fortuna, per essere finalmente ascoltati, stanchi di vivere in un Paese nel quale per
lavorare devi essere «figlio di» e dove fanno carriera le persone servili, le nuove sentinelle del potere,
quelli che «non danno fastidio» e non offuscano, con i loro sogni e progetti, i «padrini» e i «baroni». Una
nazione nelle mani di persone demotivate che, a tutti i livelli, occupano posti di potere non per merito e
che da anni non producono più idee e bloccano il rinnovamento ideale e culturale dell’Italia. Un Paese in
balia di una classe dirigente inetta che ha paura del nuovo perché sa che sarebbe spazzata via da quella
parte viva della società che produce sapere, dialoga con il mondo ed è in grado di immaginare un nuovo
modo di essere e di concepire la vita. Fortunatamente ci sono nel mondo Paesi dove le persone
meritevoli vengono premiate e verso i quali è in atto una forte migrazione intellettuale che coinvolge
appieno i figli della borghesia napoletana, proprio come ha scritto ieri Paolo Grassi sul Corriere del
Mezzogiorno. È un esodo che impoverisce la città e la consegna nelle mani di chi non ha la capacità di
migliorarla e di darle un futuro migliore. Un fuggi- fuggi che condanna Napoli alla sua inesorabile
decadenza perché non è stata in grado di dare ai propri figli un lavoro dignitoso, di consentir loro di
guadagnare quanto basta per poter avere un futuro sereno e soprattutto di dimostrare a se stessi
quanto valgono. Con la fuga di queste giovani intelligenze si sta consumando l’ennesimo furto,
l’ulteriore violenza ai danni della nostra città, uno sfregio al quale non solo assistiamo inermi ma che, da
genitori, alimentiamo nell’egoistico interesse dei nostri figli. L’ultimo tradimento di una borghesia
insipiente e ignava, che non ha mai amato questa città, che continua a saccheggiare nutrendosi di favori
e di clientele, ma che cerca di salvare i propri figli facendo suo l’anatema di Eduardo «Fuitevenne».

* Avvocato, segretario dell’Associazione ex studentidel Liceo Gian Battista Vico di Napoli

Corriere del Mezzogiorno, 04/10/2013

Studio Legale Senatore
L’esperienza, la professionalità e la passione per il lavoro, sono gli aspetti che caratterizzano Alessandro Senatore. Sempre disposto all’ascolto, fautore della mediazione come pratica efficace per la soluzione dei conflitti, sostenitore dell’arbitrato quale valido e rapido strumento per la risoluzione delle controversie, in ogni caso, fortemente determinato nell’affrontare i conflitti che gli vengono sottoposti, ha come principale obiettivo l’interesse dei propri assistiti.

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